Pubblicato da: ideeperilpresente | ottobre 8, 2012

Addio al nucleare?

La notizia è recente e di quelle importanti: per le pressioni dell’opinione pubblica, dopo la Germania, anche il Giappone annuncia il suo addio al nucleare, almeno per il 2040, tra circa 25 anni.

È vero, il 2040 è ancora lontano e il prossimo governo giapponese potrebbe ribaltare la decisione. E in futuro un altro governo potrebbe invertire l’inversione. Ma non è questo il punto. Il punto è il segnale inviato da Tokio che il nucleare non può più contare sulla stabilità degli investimenti economici futuri.

Certo, da tempo la Germania ha annunciato il suo addio all’energia nucleare e il piano tedesco va avanti, pur con difficoltà tecniche e economiche. Tuttavia, il peso specifico del Giappone per l’energia nucleare è ben più alto di quello della Germania. Numeri alla mano, prima dell’incidente di Fukushima, nel 2010 in Giappone vi erano 54 centrali nucleari attive e connesse alla rete elettrica, producenti circa il 30 per cento del totale dell’energia elettrica. In Germania nel 2010 v’erano solo 17 reattori, per il 23 per cento del totale dell’energia elettrica tedesca. Fatto ben più importante, però, è che a differenza della Germania il Giappone nutre (nutriva) piani ambiziosi di espansione del nucleare, sia per la produzione nazionale – l’obbiettivo era raggiungere il 50 per cento del totale di energia elettrica – che per l’industria ad essa associata. A differenza della Germania, infatti, il Giappone possiede (possiedeva) un’industria nucleare nazionale fortemente proiettata verso l’esportazione. In altri termini, se la Germania è sempre stato un paese generalmente diffidente verso il nucleare, pur senza raggiungere gli estremi italiani, il Giappone ne è invece da sempre a favore, forse il sostenitore più importante.

La decisione del Giappone di abbandonare il nucleare è certamente importante per i giapponesi, ma potrebbe rivelarsi uno dei grandi punti di svolta nella storia dell’energia. Per un’industria ad alta intensità di capitale e fortemente dipendente da investimenti di lungo periodo come quella nucleare, questo può essere un colpo mortale. Qualora i piani di Tokio per l’addio al nucleare dovessero proseguire, infatti, proprio l’importanza del nucleare in Giappone è garanzia di ripercussioni negative per l’intero settore nucleare mondiale. Per alcuni la decisione di Tokio è una buona notizia. L’eliminazione del nucleare, seppur graduale, non potrà che rafforzare la domanda di gas e petrolio (e carbone) per lungo tempo, fintanto che le rinnovabili non acquisiranno quote di mercato più rilevanti. Non v’è dubbio che a Mosca Gazprom e il Presidente Putin abbiano celebrato festeggiato la decisione giapponese.

Ma vi è un messaggio più ampio che val la pena considerare qui. L’annuncio dell’addio al nucleare in Giappone per la contrarietà e le proteste dell’opinione pubblica rende evidente come, nei paesi democratici, l’energia nucleare non può più contare sulla stabilità degli investimenti a lungo termine di cui abbisogna per sopravvivere e prosperare. Del tutto similarmente a Germania e Giappone, la stessa inversione potrebbe avvenire negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Francia o in qualsiasi altro paese democratico oggi a favore del nucleare. Questa incertezza politica, e corrispettivamente normativa, non può che impattare negativamente sulla fiducia di investitori, industria e responsabili delle politiche monetaria e/o energetica nell’energia dell’atomo. Il messaggio inviato da Tokio allora, forte e chiaro, è che l’energia termonucleare convenzionale non è più da considerarsi l’energia del futuro. Corrispettivamente, il settore nucleare diviene un settore in declino.

Il fatto è che l’energia nucleare non può prescindere da pianificazioni a lungo termine. La recente proposta di Cameron per un nuovo rinascimento nucleare inglese, rivela come il nucleare con requisiti di sicurezza da terzo millennio – quello da 6 miliardi di euro a Gigawatt, per intenderci – non sta in piedi sui mercati elettrici più competitivi se lo Stato non si fa garante per la parte finanziaria, sui fondi di garanzia per la banche e per la continuità di esercizio. In altri termini, il nucleare è Stato. In questo contesto, l’abbandono del nucleare di Germania e Giappone, oltre al no dell’Italia nel recente referendum, è la dimostrazione plastica che dare un futuro all’energia nucleare impone al legislatore di bypassare, se necessario, la volontà dell’opinione pubblica nella pianificazione energetica e economica per decenni a venire. Ma che futuro è mai questo?

Di Filippo Zuliani, Il Post

FONTE : http://www.ilpost.it/filippozuliani/2012/09/19/addio-al-nucleare/

Pubblicato da: ideeperilpresente | settembre 4, 2012

Rapporto Iaea: in 20 anni il nucleare nel mondo potrebbe raddoppiare

Entro il 2030 la potenza totale delle centrali nucleari di tutto il mondo aumenterà fra il 35% e il 102% rispetto al 2011: sono le previsioni contenute nel Rapporto annuale 2011 dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Iaea), che ha elaborato due possibili scenari di sviluppo dell’energia nucleare.

In base allo scenario “di minima”, la potenza totale passerà dagli attuali 369.000 MW a 501.000 MW nel 2030 e a 560.000 MW nel 2050. Lo scenario “di massima” prevede invece 746.000 MW per il 2030 e 1.228.000 MW per il 2050.

Rispetto alle stime elaborate nel 2010, le cifre sono più basse del 7-8%: questo vuol dire che l’incidente di Fukushima rallenterà solo leggermente la crescita del nucleare nel mondo.

Alla fine del 2011, secondo il documento, il totale dei reattori in attività in tutto il mondo è di 435, con una diminuzione di 6 unità rispetto all’anno precedente: sono stati spenti definitivamente 13 reattori mentre ne sono stati allacciati alla rete 7 nuovi. I reattori fermati sono i primi 4 della centrale di Fukushima Daiichi, danneggiati dallo tsunami dell’11 marzo 2011, gli 8 reattori tedeschi più vecchi chiusi per decisione del governo e un reattore inglese giunto alla fine della sua attività.

In compenso sono in costruzione altri 65 reattori, per 61.962 MW totali, oltre la metà dei quali si concentra in Asia: 26 in Cina, 6 in India e 5 in Corea del Sud.

Inoltre potrebbe raddoppiare anche il numero dei Paesi dotati di centrali nucleari, attualmente pari a 31. Alla data del 31 dicembre 2011, 3 Paesi hanno ordinato la prima centrale, 6 hanno iniziato a preparare le infrastrutture, altri 6 stanno predisponendo un programma nucleare e 14 stanno meditando di avviarlo: in tutto sono 29 i nuovi Paesi che si stanno affacciando per la prima volta all’energia nucleare.

FONTE: Nuclear News http://www.nuclearnews.it/news-2976/rapporto-iaea-in-20-anni-il-nucleare-nel-mondo-potrebbe-raddoppiare/

Pubblicato da: ideeperilpresente | luglio 26, 2012

Svizzera rimpiazzerà l’energia nucleare con quella solare entro il 2035

 

Visto che l’energia nucleare gioca un ruolo essenziale nel mix energetico e fornisce cca il 40% del fabbisogno energetico del paese, la Svizzera sta ora cercando soluzioni per rimpiazzare l’energia nucleare con quella da fonti rinnovabili.Entro il 2034, l’anno in cui l’ultimo impianto nucleare verrà chiuso, il governo svizzero dovrà trovare alternative per poter produrre l’eletricità prodotta ora da 5 centrali nucleari.L’energia solare potrebbe colmare il vuoto incombente e potrebbe occupare un posto importante nel futuro mix energetico della Svizzera.L’industria del solare ha chiesto maggiori sovvenzioni per finanziare l’espansione accelerata.Gli esperti del settore dicono che il solare potrebbe soddisfare il 20% del fabbisogno energetico entro il 2025.

Secondo il suo piano di Strategia Energetica 2050, l’energia idroelettrica e le nuove energie rinnovabili saranno potenziate notevolmente.La diversificazione delle fonti energetiche rinnovabili cosi come l’eolico e il solare essendo in fase di introduzione alla rete richiederà la ristrutturazione delle infrastrutture dell’energia elettrica della Svizzera e trasformeranno le reti di trasmissione in reti intelligenti.

FONTE: Energy Market Prize http://www.energymarketprice.com/SitePage.asp?Command=NewsLetter&ID=9445&utm_source=dlvr.it&utm_medium=twitter

Pubblicato da: ideeperilpresente | giugno 19, 2012

Basta con la paura del nucleare, è irrazionale

In diversi Paesi l’energia nucleare gode di una cattiva fama, ma è una reputazione ingiustificata: lo afferma Paddy Regan (nella foto), direttore del corso di laurea in protezione ambientale e radiologica all’Università del Surrey (Inghilterra).

In un articolo apparso sul Telegraph, Regan analizza la situazione partendo da alcuni numeri: in tutto il mondo i reattori nucleari hanno totalizzato oltre 14.000 anni di attività, facendo registrare in tutto solo tre incidenti seri: Three Mile Island, Cernobyl e Fukushima. Il totale dei morti accertati a causa di questi incidenti è minore di 50: zero negli Stati Uniti, zero in Giappone e 47 a Cernobyl, di cui, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), 28 pompieri e tecnici impegnati nelle operazioni di emergenza e 19 civili morti di tumore a causa della radioattività.

Come termine di paragone, Regan cita tre gravi incidenti nel settore idroelettrico: Banqiao (Cina, 1975), Machhu (India, 1979), Hirakud (India, 1980). Il numero di vittime nei due incidenti indiani è di circa 2500 e 1000 rispettivamente. In Cina il bilancio è stato catastrofico: 170.000 morti e 11 milioni di senza tetto. Eppure pochi in Europa conoscono questi nomi.

Il motivo profondo della paura del nucleare, secondo Regan, è l’associazione (forse conscia, forse no) fra nucleare civile e nucleare militare: le tecniche per la fissione sono nate per produrre bombe atomiche, e nell’immaginario della gente è rimasta quest’impressione.

Come esempio di comportamenti irrazionali, Regan cita in particolare un esempio: l’Italia. Subito dopo l’incidente di Fukushima, il Ministero degli esteri ha invitato gli italiani a lasciare Tokyo, a causa dell’aumento dei livelli di radioattività. Ebbene, nonostante la vicinanza alla centrale danneggiata, la radioattività a Tokyo era più bassa di quella di origine naturale che si registra normalmente a Roma. Il risultato è stato paradossale: per proteggere le persone dalla radioattività, il Ministero le invitava a lasciare una città e ad andare in un’altra dove la radioattività era maggiore.

In conclusione, secondo Regan, i timori irrazionali possono fare danni significativi. Per esempio, alcuni Paesi stanno riconsiderando le proprie politiche di sviluppo dell’energia nucleare, proprio in un momento storico in cui è particolarmente ricca e promettente la ricerca di tecnologie nucleari sempre più sicure, e in cui l’energia nucleare appare uno strumento per la riduzione delle emissioni di gas serra.

FONTE: Nuclear News http://www.nuclearnews.it/news-2944/basta-con-la-paura-del-nucleare–irrazionale/

Pubblicato da: ideeperilpresente | aprile 26, 2012

La Germania “verde” torna a carbone

Non è un ritorno, ma una conferma. La Germania si affida a gas e carbone per assicurare la sua produzione di elettricità, I rumors sulla decisioni obbligata per Berlino di varare un nuovo piano per la costruzioni di centrali a fonti tradizionali girava da tempo e ora è realtà.

La Germania ha autorizzato la costruzione entro il 2020 di 69 centrali elettriche, per una potenza totale di 42 gigawatt e un volume di investimenti di oltre 60 miliardi. Il Paese ha fame di energia ed è a rischio blackout soprattutto nei momenti di emergenza invernali come gli utlimi vissuti dal paese in febbraio.

La maggior parte dei nuovi impianti funzionerà a gas e a carbone, con 10 centrali idrauliche a ripompaggio di acqua e 23 parchi marini eolici.

Hildegard Mueller, presidente dell’Associazione delle industrie produttrici di energia (Bdew), ha spiegato alla Fiera di Hannover che a causa dell’uscita dal nucleare verranno meno entro il 2022 altri 12 gigawatt, che dovranno essere compensati.

Nel 2011 il fabbisogno tedesco di energia era stato di 541 miliardi di Kwh, con una riduzione dello 0,1% rispetto all’anno precedente, risultato ottenuto grazie all’aumentata efficienza energetica delle industrie tedesche, che hanno assorbito il 46% della produzione. Un altro 26% è andato a coprire il fabbisogno energetico delle famiglie, mentre il 23% e’ servito per far funzionare il commercio e i servizi. Nel 2011 il consumo di gas è diminuito del 13%, per un totale di 842 miliardi di Kwh.

Con il nuovo piano varato da Berlino i conti del mix nazionale dovranno essere ritoccati e anche la verde Germania dovrà spingere ancor di più l’acceleratore su efficienza energetica e tecnologia perché la politica Ue rimane esigente e se carbone dovrà essere (la Germania non lo ha mia abbandonato, in realtà) dovrà essere carbone pulito.

Pubblicato da: ideeperilpresente | aprile 17, 2012

L’Africa punta sul nucleare

L’obiettivo è fissato per il 2022. Sarà un impianto da circa 1.000 MW che, entro il 2031, sarà affiancato da altri tre reattori.  Il governo di Nairobi di soddisfare il 19% del fabbisogno energetico di un Paese

Africa nucleare, sull’orlo del “vulcano” sotterraneo: preoccupa le Nazioni Unite l’ultimo successo dell’industria atomica globale. Dopo Stati Uniti, Bielorussia e Kazakistan, ora si punta sul Kenya per rallentare il declino dell’atomo avviato dall’Europa post-Fukushima. Nel 2022, infatti, la terza maggiore economia africana ha intenzione di costruire la sua prima centrale: un impianto da circa 1.000 MW che, entro il 2031, sarà affiancato da altri tre reattori. Il governo di Nairobi, che prevede una impetuosa crescita della produzione industriale keniota, promette in questo modo di soddisfare il 19% del fabbisogno energetico di un Paese sempre più vorace di elettricità. Un progetto ambizioso che, però, solleva alcune perplessità, sia negli uffici dell’Onu che fra i Paesi confinanti. Per i detrattori delle mire nucleariste keniote, infatti, è preoccupante l’idea di avere reattori in un territorio che non solo è da sempre alle prese con gravi problemi di scarsità idrica, ma è anche collocato sulla Rift Valley, attivissima fossa tettonica formatasi dalla separazione delle placche araba ed africana.
Secondo il presidente del Nuclear electricity project committee (nonché ex ministro dello sport e della cultura) Ochilo Ayacko, le fonti idroelettrica e geotermica che approvvigionano il Kenya non sono né affidabili né sufficienti, e l’introduzione del nucleare nel mix energetico del suo Paese “viene dal bisogno di una maggiore sicurezza energetica”. Serve quindi “diversificare le fonti di produzione di elettricità nel Paese”, sentenzia Ayacko, dove la domanda di elettricità è aumentata “a un tasso medio dell’8% all’anno nel corso dei 5 ultimi anni”.
In effetti, in Kenya l’approvvigionamento energetico sta diventando sempre più un problema. Ed una priorità. Meno della metà della popolazione della capitale Nairobi ha un allacciamento alla rete elettrica nazionale, mentre nelle aree rurali la percentuale di persone con accesso alla corrente elettrica è di un misero 2%.
La cosa più importante per il governo keniota, oltre alla sicurezza, è fornire energia alla sua crescente popolazione facendola risparmiare sulle bollette. Secondo i calcoli di Nairobi, infatti, una centrale nucleare per produrre 1.000 megawatt costerebbe circa 3,5 miliardi di dollari, e i consumatori pagherebbero 6,84 centesimi di dollaro per kilowattora. Cifre decisamente inferiori rispetto a quelle necessarie a costruire un impianto geotermico della stessa potenza, che costerebbe invece 5 miliardi di dollari, con una tariffa di 8,4 centesimi di dollaro per kilowattora.
Gli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Iaea), che il 31 marzo 2011, pochi giorni dopo l’incidente di Fukushima, aveva approvato la richiesta del Kenya di costruire la sua prima centrale nucleare, stanno valutando proprio in questo periodo se il Paese africano è preparato ad affrontare questa sua scelta. A tal proposito, il governo di Nairobi ha già stanziato 2,3 milioni di euro per un programma quindicinale di addestramento sul funzionamento degli impianti atomici, di cui beneficeranno i futuri impiegati delle centrali, giovani kenioti laureati in fisica, ingegneria o matematica.
Non solo, “il Nuclear electricity project impiegherà le migliori pratiche nella gestione delle sfide che vengono da una centrale nucleare, compreso lo smaltimento delle scorie e la sicurezza della centrale una volta costruita”, promette Ayacko, per cui il nucleare rimane un must per il Kenya nel mix di produzione di energia.
Per alcuni funzionari delle Nazioni Unite, il Kenya dovrebbe invece sfruttare il suo enorme potenziale di risorse rinnovabili, come geotermia, eolico e solare. Inoltre, parte dell’Onu ritiene che il Kenya dovrebbe avviare un dibattito pubblico sul suo futuro energetico, prima di decidere se sia opportuno investire nel nucleare.
Secondo Achim Steiner, direttore esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep), il principale motivo per cui le autorità keniote dovrebbero dare più importanza allo sviluppo delle energie rinnovabili è che “l’energia nucleare richiede maggiori investimenti”, mentre “le rinnovabili hanno più senso a livello economico”.

Andrea Bertaglio Il Fatto Quotidiano

FONTE: http://ecoinchiesta.wordpress.com/2012/04/17/lafrica-punta-sul-nucleare/?utm_source=feedburner&utm_medium=twitter&utm_campaign=Feed%3A+ecoinchiesta+%28EcoInchiesta%29

Pubblicato da: ideeperilpresente | marzo 2, 2012

Fusione: presentato nuovo laboratorio a Padova

L’Italia si conferma in prima linea nella ricerca sulla fusione nucleare, una tecnologia che in futuro potrebbe fornire energia in dosi enormi e senza gli svantaggi del nucleare tradizionale. A Padova è stato presentato il 27 febbraio il progetto Prima, che servirà di supporto al reattore sperimentale ITER, in costruzione a Cadarache (Francia).

Al progetto ITER partecipano l’Unione Europea, gli Stati Uniti, la Russia, il Giappone, la Cina e la Corea del Sud. Il laboratorio padovano sarà gestito dal Consorzio Rfx, che comprende l’Enea, il Cnr, l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e l’Università di Padova. Sarà utilizzato per sviluppare la Neutral Beam Test Facility: un’apparecchiatura sperimentale per studiare i fasci di atomi neutri. Sulla base di questi esperimenti sarà sviluppato e perfezionato l’apparecchio che nel progetto ITER servirà per riscaldare il plasma e portarlo alle temperature elevatissime necessarie alla fusione nucleare.

La partecipazione italiana al progetto ITER comprende molti altri importanti contributi, sia da parte di enti pubblici sia dei privati: le industrie italiane hanno firmato con il consorzio ITER oltre 20 contratti, per un totale che supera i 500 milioni di euro.

In particolare un consorzio formato da Ansaldo Nucleare, Mangiarotti e Walter Tosto Spa si è aggiudicato una gara da 300 milioni di euro per la fornitura della “camera a vuoto”, cioè la struttura che dovrà contenere il plasma, quindi la componente più importante del reattore. Inoltre l’Enea, insieme alla Criotec Impianti e alla Tratos Cavi, fornirà i cavi superconduttori per la costruzione dei magneti del reattore. Il Cesi (Centro elettrotecnico sperimentale italiano) si è aggiudicato un contratto per attività di quality assurance e quality control per i componenti elettrici e di elettronica di potenza. La ASG Superconductors di Genova costruirà poi le grandi bobine dei magneti toroidali superconduttori, che avranno il compito di tenere il plasma sospeso. La Simic è stata incaricata di costruire il prototipo della struttura meccanica dei magneti, e l’OCEM gli alimentatori per il sistema di iniezione di atomi neutri.

FONTE: Nuclear News http://www.nuclearnews.it/news-2871/fusione-presentato-nuovo-laboratorio-a-padova/

Pubblicato da: ideeperilpresente | gennaio 25, 2012

Gli USA tornano a costruire centrali nucleari?

Per la prima volta dal 1974, quando scattò una moratoria nazionale, si torna a parlare di costruire centrali nucleari negli Stati Uniti. A muoversi per primo (e speriamo non sia anche l’ultimo!) è il Maryland, la cui Commissione per i lavori pubblici (Board of Public Works) ha approvato all’unanimità di concedere alla UniStar Nuclear Energy LLC il permesso di costruire un terzo reattore nucleare presso la centrale di Calvert Cliffs, a Lusby.

“Questo è un’importante passo nello sviluppo del progetto Calvert Cliffs 3”, si legge in un comunicato rilasciato dalla UniStar dopo il voto della Commissione.

La strada per arrivare ad una licenza piena e completa per il nuovo reattore è, però, ancora molto lunga, come riconosce la stessa società: “Come abbiamo più volte indicato, un numero di fattori deve allinearsi prima che un progetto come quello di Calvert Cliffs 3 arrivi a produrre qualcosa, incluso, in particolare, la realizzazione di un quadro normativo nello Stato del Maryland e l’accoglienza, da parte del Dipartimento dell’Energia, delle garanzie economiche”.

UniStar è una sussidiaria di EDF, e per soddisfare i requisiti stabiliti dalla Nuclear Regulatory Commission deve trovare un partner a stelle e strisce, dopo che la Constellation Energy, di Baltimora, si è ritirata dalla joint venture nel 2010. Un ritiro giustificato con l’impossibilità di aderire ai termini stabiliti per i requisiti del finanziamento con il governo federale, secondo quanto scritto dal Wall Street Journal nell’ottobre 2010.

L’Atomic Safety and Licensing Board, organismo indipendente all’interno dell’NRC, terrà una sessione pubblica sulla questione del terzo reattore il prossimo 25 gennaio, in un incontro presso il Calvert Marine Museum di Solomons. Il giorno dopo è invece prevista un’udienza pubblica per un ricorso presentato da quattro gruppi anti-nucleari contro la domanda di concessione per un terzo reattore presentata dalla UniStar. Il ricorso contesta risultati della valutazione di impatto ambientale che, secondo i ricorrenti, non analizza adeguatamente le alternative alla costruzione di un terzo reattore, quali eolico e fotovoltaico. Tra i testimoni convocati per l’udienza, Michael Mariotte, executive director di Nuclear Information Resource Service, gruppo anti-nucleare. L’ASLB dovrebbe raggiungere una decisione riguardo il ricorso entro la primavera del 2012.

Se i tre giudici dovessero esprimersi in favore di Mariotte e degli altri due ricorrenti, l’NRC dovrebbe riscrivere le valuazioni di impatto ambientale e riconsiderare se il terzo reattore sia un’opzione “ambientalmente preferibile” rispetto alle alternative rinnovabili.

FONTE: http://style.notizie.it/gli-usa-tornano-a-costruire-centrali-nucleari/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+notizie%2Fstyle%2Fecologia%2Fnucleare+%28Nucleare+Notizie.it%29

Pubblicato da: ideeperilpresente | gennaio 9, 2012

Non c’è alternativa al nucleare

Per il terzo anno anno consecutivo, il prezzo del petrolio ha chiuso con un aumento deciso, pari, per i dodici mesi appena trascorsi, al 19 per cento. E le previsioni indicano che il trend verso l’alto può solo continuare, a fronte di una domanda in crescita e di una disponibilità di petrolio in discesa. Questo rende necessario e forse inevitabile il ritorno ad investimenti nel settore dell’energia nucleare, unica alternativa fattibile al petrolio, economicamente ed anche dal punto di vista ambientale.

Ne parla Simit Patel, in una sua analisi della situazione attuale e futura del petrolio e del nucleare pubblicata nei giorni scorsi sul sito internet di Seeking Alpha. Patel è un trader nel settore dei metalli preziosi e delle valute che per i suoi report e le sue analisi applica una combinazione di elementi e fattori di geopolitica, politica monetaria e evoluzione dei prezzi. E’ anche un imprenditore nel campo della tecnologia, attività che gli permette di avere un occhio di riguardo per questo settore.

“Mentre ritengo che il mondo continuerà ad utilizzare i carburanti fossili come fonte primaria di energia per diverso tempo – scrive Patel nella sua analisi pubblicata su Seeking lpha – ci troviamo chiaramente ad un punto in cui è richiesta una nuova forma di energia. Credo che l’energia nucleare sia il miglior candidato destinato a crescere, per una serie di motivi”.

Quali siano questi motivi, Patel lo indica immediatamente dopo:

1. Può fornire la baseload di energia di cui abbiamo bisogno, e questo sempre, senza soluzione di continuità;
2. Non ha emissioni di gas serra e carbonio;
3. Offre un’elevata densità di energia, il che significa che non richiede grandi estensioni di suolo. Si tratta dunque di una forma di energia adatta alle città e alle grandi aree urbane.

Nessun’altra forma di energia può fornire le stesse caratteristiche e gli stessi vantaggi, almeno non tutti insieme. Sole e veno sono più costosi – e continueranno ad esserlo per diversi anni ancora, a meno che i governi non decidano di introdurre forti sussidi con soldi pubblici, in pratica finanziare quest due settori con i soldi dei contribuenti chiamandoli poi a pagarne anche le bollette per l’utilizzo dell’energia così prodotta e servita. Non sono nemmeno in grado di fornire la baseload necessaria: di note il sole non splende, mentre il vento è assolutamente imprevedibile nei tempi e nella quantità.

Tutte condizioni che indicao come la crescita del settore dell’energia nucleare, nei prossimi decenni, sia di fatto inevitabile.

FONTE: NOTIZIE.IT http://style.notizie.it/non-c-alternativa-al-nucleare/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+notizie%2Fstyle%2Fecologia%2Fnucleare+%28Nucleare+Notizie.it%29

Pubblicato da: ideeperilpresente | dicembre 5, 2011

L’energia nucleare ricomincia dalle scuole

L’Italia, come e più di altri Paesi, è caratterizzata da un’ignoranza diffusa sull’energia nucleare e sulle problematiche connesse: un’ignoranza che si riflette poi nelle decisioni politiche.

Per diffondere le conoscenze non bastano le campagne di comunicazione come quella, notevole, realizzata dall’agenzia di comunicazione Saatchi & Saatchi per conto del Forum nucleare italiano e apparsa sui media nazionali. Bisogna educare le nuove generazioni, fin dai banchi di scuola, a ragionare in base alla complessità dei dati di fatto e non alla semplificazione dettata dal pregiudizio.

In questa ottica è nata l’iniziativa “L’atomo a scuola: l’utilizzo pacifico dell’energia nucleare dai principi di base alla ricerca tecnologica”, finanziata dall’Enea e dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Il progetto comprende una serie di seminari rivolti ai docenti delle scuole superiori, vari materiali informativi e soprattutto un nuovo volume intitolato L’atomo a scuola: scritto in modo da poter essere recepito dagli studenti, vanta la prefazione di Carlo Bernardini, uno dei più impegnati fisici italiani del Novecento, attivissimo anche in ambito divulgativo.

Lo scopo dell’iniziativa è fornire strumenti didattici di supporto
per la diffusione delle conoscenze sull’energia nucleare. Il primo seminario si è tenuto il 25 novembre 2011 a Bologna, presso la sede dell’Enea, e sarà replicato in seguito in altre città.

Ha condotto l’evento uno degli autori del libro: Massimo Forni, responsabile dell’Unità tecnica di ingegneria sismica dell’Enea. È toccato poi agli altri autori presentare gli argomenti affrontati nei singoli capitoli: i principi base della fissione nucleare, il funzionamento delle centrali nucleari per la produzione di elettricità, lo stato tecnologico dei reattori attuali, gli sviluppi futuri con i reattori di quarta generazione, la prospettiva della fusione nucleare, le questioni relative alla sicurezza, il problema delle scorie, gli effetti sulla salute umana, i criteri di protezione sismica delle centrali nucleari e i sistemi più recenti per la gestione in tempo reale di grandi emergenze.

FONTE: NuclearNews http://www.nuclearnews.it/news-2810/lenergia-nucleare-ricomincia-dalle-scuole/

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